Antifrode assicurativa: doppio no del Tribunale di Padova in grado d’appello ai pretesi danneggiati di due incidenti stradali

Antifrode assicurativa: doppio no del Tribunale di Padova in grado d’appello ai pretesi danneggiati di due incidenti stradali
14 Settembre 2017: Antifrode assicurativa: doppio no del Tribunale di Padova in grado d’appello ai pretesi danneggiati di due incidenti stradali 14 Settembre 2017

Le cause del nostro studio

Due recenti sentenze del Tribunale di Padova, entrambe pronunciate in grado d’appello, hanno portato al rigetto delle domande proposte rispettivamente da due fratelli, che sostenevano d’esser stati “tamponati” da un altro veicolo mentre si trovavano a bordo del proprio, e da una persona, anch’essa dichiaratamente danneggiata per effetto di un altro tamponamento mentre si sarebbe trovata quale trasportata in un altro veicolo.

Con la prima (n. 2185/2016) il Tribunale patavino ha riformato una sentenza del Giudice di pace di Padova che aveva accolto la domanda di due fratelli summenzionati, sostenendo che “la Compagnia convenuta non ha fornito la prova tramite produzione di perizia tecnica atta a dimostrare l’incompatibilità del sinistro con la dinamica, così come descritta nell’atto di citazione”.

Questa singolare motivazione è stata censurata del Giudice d’appello perché palesemente contraria ai “criteri relativi all’onere della prova… vigendo da millenni il principio secondo cui onus probandi incubuit ei qui dicit, non ei qui negat”, com’è noto perpetuato dall’art. 2697 del codice civile.

Per contro, la sentenza del Tribunale osservava che il contenuto del modulo CAI e le risposte all’interrogatorio formale rese dai conducenti dei veicoli coinvolti, in quanto listisconsorti necessari, erano solo liberamente valutabili dal Giudice del merito (come da unanime giurisprudenza di legittimità, a partire da SS.UU. n. 10311/2006).

Ad esse però si contrapponevano “vari elementi indiziari” suscettibili di far “sospettare l’esistenza di una simulazione”, fra i quali il fatto che “appena un anno prima del sinistro per cui è causa” fosse avvenuto “un incidente con la stessa dinamica tra le medesime parti”, la palese inattendibilità della tardiva spiegazione che gli attori avevano cercato di dare a tale singolare circostanza, il fatto che uno di essi avesse mendacemente dichiarato “in sede di accertamento medico-legale di non aver avuto altri traumi precedenti”, oltre che la palese ed oggettiva incompatibilità reciproca dei danneggiamenti riportati dei due veicoli che sarebbero stati coinvolti nel supposto incidente.

La seconda sentenza (n. 1461/2017) ha invece confermato un’altra pronuncia di un Giudice di pace patavino che aveva rigettato la domanda risarcitoria di una supposta “tamponata”.

Anche in questo caso il Giudice d’appello ha osservato come le dichiarazioni confessorie rese dal “responsabile del danno” tanto nel modulo CAI, quanto in sede di interrogatorio formale, come affermato dalla giurisprudenza dianzi citata, non abbiano “valore di piena prova nemmeno nei confronti del solo confitente” dovendo solo “essere liberamente apprezzate dal giudice”.

Questi è dunque tenuto a “valutarne l’attendibilità”, giudizio che nel caso specifico si è risolto in senso sfavorevole per la pretesa danneggiata.

Infatti, la sentenza, anche in questo caso, ha rilevato la sussistenza di molteplici, gravi e concordanti circostanze tali da far seriamente dubitare della “veridicità” delle anzidette dichiarazioni confessorie.

Fra le altre, degno di nota è il fatto che il download del profilo Facebook del “responsabile del danno”, dimostrando come l’attrice figurasse fra gli “amici… presenti all’interno del suo profilo sociale ”, avesse smentito le dichiarazioni con le quali questi aveva “negato di conoscere l’attrice di avere con la medesima una qualsiasi amicizia su Facebook”, a riprova di come, in certi casi, anche i “social” possono divenire mezzi di prova…

Non meno singolare la circostanza per cui, subito dopo l’incidente, avvenuto “alle ore 0.40”, e cioè nottetempo, l’autovettura sulla quale si sarebbe trovata l’attrice sarebbe stata trasportata da Padova in una città tedesca trovantesi “ad una distanza di 560 km dal luogo dell’incidente”, laddove il giorno dopo “un incaricato della Dekra GmbH” (e cioè un perito) avrebbe potuto constatare che era già stata quasi completamente riparata…

Per non dire del fatto che il veicolo asseritamente “tamponante”, una volta visionato dal perito dell’assicuratore, pochi giorni dopo il fatto, non presentava alcun danno, nonché della evidente incompatibilità dei danni riportati da quello che sarebbe stato “tamponato” (e parzialmente riparato in Germania, come sopra) con la conformazione della parte anteriore dell’autovettura investitrice.

L’insieme di tali circostanze avevano indotto il Tribunale a svalutare del tutto le conclusioni di una CTU tecnica esperita, secondo la quale i danni riportati da quest’ultimo veicolo sarebbero stati astrattamente compatibili con la dinamica dell’incidente descritta in atto di citazione.

In altre parole, da un lato, in caso di contestazione dell’accadimento dell’incidente, il solo modulo CAI (anche se confermato dal responsabile del danno in sede di interrogatorio formale) non è sufficiente ad offrirne piena prova del sinistro e dall’altro un’analisi attenta e non superficiale dell’insieme delle circostanze di fatto provate in causa molte volte è di per sé suscettibile di confermare l’inattendibilità delle dichiarazioni in esso rilasciate dalle parti interessate.

Anche in questo caso, quindi, la ricerca e l’analisi di appropriati elementi indiziari è valsa ad ottenere il rigetto delle domande risarcitorie per insufficienza della prova in merito all’effettivo accadimento dell’incidente stradale dichiarato dai pretesi danneggiati.

 

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